La Leica Digilux II

Non deve apparire strana questa incursione nell’universo Leica  da parte di un rolleista convinto.

In verità la Leica è stata uno dei sogni giovanili che ho potuto soddisfare solo in età avanzata .

Anche dalle mie Leica, che conservo con ogni cura e continuo ad usare, sia pure in modo marginale, ho avuto molte soddisfazioni.

Pur se in base alla mia esperienza continuo ad essere convinto che solo eccezionalmente la Rollei, almeno nella pratica della fotografia amatoriale, fa rimpiangere la mancanza di qualche accessorio, ogni volta che estraggo dal cassetto una Leica rinnovo lo stupore di fronte ad una meravigliosa creazione dell’ingegno umano.

Diciamo la verità: il medio formato fa spesso la differenza nel senso che ci perdona qualche nostra mancanza compiuta al momento di regolare la macchina e di comporre il quadro.

E se oltre che fotografi vogliamo essere collezionisti, una buona raccolta di Rollei si può realizzare con impegno finanziario ben minore rispetto ad una mediocre raccolta di Leica e poi il confine tra il pezzo di pregio e il pezzo che si può usare nella pratica quotidiana è meno marcato.

E così, dopo sporadici acquisti di materiale risalente al periodo della Leica a vite mi sono limitato a qualche pezzo moderno, dalle prestazioni ovviamente superlative.

Sono pur sempre un rolleista anche quando uso apparecchi differenti. Non sfrutto molto le possibilità offerte dal cambio di obiettivi e con la Leica uso quasi esclusivamente il Summicron 35 asferico, portandomi di scorta solo un 90/4 collassabile; inconsciamente tendo a comporre   l’immagine nel quadrato o al più in orizzontale, senza sfruttare se non eccezionalmente le possibilità dell’inquadratura verticale.

Ma della mia esperienza nel settore delle Leica M parlerò forse in altro momento.

L’occasione per questa passeggiata in una galassia che conosco assai meno di quella Rollei mi viene dalla comparsa sul mercato della nuovissima Digilux II, vista per la prima volta su Fotografia Reflex, opzionata presso uno specialista del settore ed acquistata probabilmente fra i primi esemplari importati in Italia.

Da tempo seguivo la produzione digitale, per vero quasi cercando di persuadermi che non valeva la pena di dedicarvi attenzione e spesa. Mi sono risolto all’acquisto di due compatte, utilizzate come apparecchio da taschino ed anche per fotografare le macchine di cui parlo abitualmente

In verità speravo che sarebbe stato offerto un dorso per consentire l’uso delle  Canon serie A o delle Leica a baionetta, in modo da utilizzare pellicola e del sensore su un unico corpo.

Nulla di simile è ad oggi avvenuto poiché i costruttori hanno trovato più comodo, e anche più redditizio, offrire apparecchi del tutto nuovi.

È annunciata l’uscita di un dorso digitale per la Leicaflex (si veda Fotografia Reflex, agosto 2003, pag. 44) ma per una scelta di campo ho limitato il mio parco reflex alle Canon F ed A e quindi non ho approfondito la notizia.

Fino ad ora  le compatte digitali sono utilizzate quali macchine di supporto, utili per riprendere scene di festa in famiglia, ed anche per fotografare gli apparecchi di prestigio, mentre le reflex digitali di fascia alta, dal peso ed ingombro superiore ad un corredo Rollei con due Mutar, sono utilizzate quasi esclusivamente dai professionisti. Gli appassionati stile antico, pur non disprezzando gli automatismi, preferiscono apparecchi che offrono il controllo totale.

E poi la Leica .. ha concretizzato un’idea che può provocare una svolta.

La nuova Digilux II si presenta anzitutto come appartenente di pieno diritto alla famiglia Leica, con una somiglianza impressionante alla M6.

Viene così dato un chiaro messaggio nel senso che si tratta di un apparecchio pensato in funzione degli stessi metodi di lavoro apprezzati dagli appassionati  delle telemetro e non di una qualsiasi digitale realizzata per sfruttare la nuova tecnologia, cui è stato applicato il bollino rosso, tanto per dare la parvenza di un’evoluzione della specie.

La macchina viene commercializzata con l’indovinata formula “La fotocamera “analogica” digitale”. Si vuole così render palese che vengono mantenuti i concetti base della fotografia analogica pur se sono disponibili le funzioni offerte dalla tecnologia digitale. In  concreto l’operatore, dopo aver impostato lingua, data, ora e sensibilità, può selezionare una volta per tutte il mirino elettronico ed operare come con un qualsiasi apparecchio a pellicola che richiede l’attivazione mediante apposito interruttore.

Un discorso a parte merita il  mirino elettronico.

A circuito spento è ovviamente buio. Attivata l’accensione esso consente un’ottima visione; l’apparecchio  può a questo punto essere utilizzato come una qualsiasi fotocamera tradizionale che consente di operare in totale automatismo, a priorità di tempi, a priorità di diaframmi, in totale impostazione manuale. Si deve tener presente che il diaframma non chiude oltre 11 e quindi occorre cautela nell’impiego dei tempi lenti (esempio classico, l’acqua di una cascata o di una fontana) poiché è molto facile incappare in  una sovraesposizione eccessiva.

Nel sito http://www.fotografiareflex.net  vi è un testo relativo alla Digilux II, ricco di informazioni ed anche di osservazioni degne di attenta meditazione. L'autore esprime l'avviso che gli appassionati della Leica avrebbero voluto trovare un mirino ottico tradizionale ed il classico telemetro. Il rilievo ha il suo fondamento: l'appassionato della Leica vorrebbe mantenere tutte le caratteristiche proprie del modello analogico e poi è noto che il miglior sistema di messa a fuoco è il telemetro della Leica che consente, grazie alla base larga 69,5 mm, una regolazione assai più precisa rispetto a qualsiasi reflex, almeno per le focali fino a 135 mm. E anche per la messa a fuoco rapida, il telemetro della Leica batte qualsiasi autofocus e non si lascia imbrogliare da elementi parassiti o da movimenti improvvisi del soggetto. Ma la coesistenza di una messa a fuoco telemetrica con un dispositivo autofocus avrebbe sicuramente posto gravi problemi e poi non si deve dimenticare che lo zoom utilizzato sulla Digilux ha una focale da 7 a 22,5 mm e pertanto la profondità di campo è sempre notevole. La messa a fuoco manuale è agevolata molto dalla dilatazione  della zona centrale   che segue ad ogni manovra della relativa ghiera e quindi la mancanza del telemetro in  pratica non si avverte.

La necessità di far uso quanto meno del mirino elettronico può far temere un eccessivo consumo della batteria ma in realtà l'autonomia è notevole. Non ho simpatia per il display che uso solamente per variare le regolazioni e neppure per l'autofocus che lascio di regola disinserito  e queste scelte riducono indubbiamente i consumi. Però con la prima carica ho scattato circa 150 fotografie, di cui un terzo con l'uso del flash incorporato, prima che il segnale di carica scendesse ad una tacca.

Come ho già detto, il mirino elettronico a mio avviso ha tutti i vantaggi delle reflex SLR e consente di fare a meno di numerosi componenti meccanici, costosi e soggetti a logorio. Rispetto al classico mirino della Leica telemetro sento invece la mancanza delle cornicette che limitano il campo inquadrato. E' chiaro che esse equipaggiano la Leica M per consentire l'uso di un unico  mirino galileiano con obbiettivi di differente focale. Ma  un quadro più ampio di quello di effettiva ripresa può essere sfruttata nella fotografia di azione poiché,  come osserva Gunter Osterloh a  pag. 29 del suo libro dedicato appunto alla Leica M, permette di vedere ciò che sta per entrare in campo e dà un'utile indicazione per la scelta del momento più adatto allo scatto

L’ergonomia dei comandi è stata studiata in modo razionale e non si corre il rischio di attivare inavvertitamente i circuiti o di passare senza volere da un tipo all’altro di regolazione, come purtroppo accade sovente, anche per apparecchi non propriamente economici.

L’obbiettivo ha una focale variabile da 7 a 22,5 mm; la ghiera di regolazione riporta però le focali equivalenti a quelle riferite al formato 24 x 36, in concreto da 28 a 90.  La variazione avviene solo manualmente e tale caratteristica si fa apprezzare poiché, a parte il risparmio della batteria, consente di scegliere la focale che ci risulta utile con uno spostamento lento o veloce a nostra scelta e non all’interno di una carrellata ottica che non può essere riprodotta sul fotogramma.

La messa a fuoco può avvenire manualmente, operando su apposita ghiera, o essere delegata al congegno autofocus, a due regolazioni, normale e macro. Anche questo comporta un risparmio di corrente e impedisce variazioni indesiderate della regolazione prescelta.

Mi avrebbe fatto piacere trovare una scala delle profondità di campo e questo è uno dei suggerimenti che mi permetto di formulare.

Sicuramente ogni utente Leica  avrebbe volentieri rinunciato allo zoom per utilizzare i propri obbiettivi. Peraltro sarebbe stato necessario realizzare un complesso sensore di formato 24 x 36 poiché, con un sensore da 2/3”, come quello presente sulla Digilux,  si sarebbe verificato un effetto tele francamente eccessivo.

Qualcosa al riguardo si sta muovendo e vi segnalo una notizia del massimo interesse e quindi un’ipotesi provocatoria.

Ma restiamo aderenti alla realtà.

Lo zoom montato dalla Digilux II è, ovviamente, all’altezza della tradizione Leica.

L’immagine è nitida su tutto il campo, i colori sono fedelmente riprodotti, non vi è traccia di vignettatura anche alle focali estreme. Il movimento delle ghiere di regolazione della focale e della messa a fuoco è dolcissimo, la notevole luminosità consente di operare anche senza flash in condizioni di illuminazione scarsa.

Un discorso a parte va svolto per il flash in dotazione.

L’asse  della parabola dei flash incorporati è necessariamente non lontano dall’asse ottico dell’obbiettivo e il fenomeno degli occhi rossi (per gli umani, per i cani gli occhi diventano verdi) interviene a sciupare immagini altrimenti gradevoli.

Il rimedio offerto dallo scatto di uno o due prelampi è in genere peggiore del male poiché gli occhi rossi ci sono ugualmente e in compenso il soggetto, infastidito, assume un’espressione imbambolata.

Nella nuova Digilux II il congegno che consente al flash incorporato di scattare fuori è abbastanza dimensionato e di fatto, alla prima verifica, occhi rossi non ne ho visto.

Ma soprattutto è possibile inclinare il lampo di 60 ° sul piano orizzontale e sfruttare  così una luce riflessa e non diretta. Certo la potenza del lampo è abbastanza modesta e questa perdita di energia luminosa va ben valutata.

Ma ormai sono disponibili a prezzo modesto flash attivati dalla fotocellula che sente il lampo pilota. E quindi molto agevole far ricorso ad un tecnica che mi è cara, di usare più lampi opportunamente orientati, in modo da evitare ombre buie e valorizzare taluni aspetti del soggetto.

Non metto in linea foto di bambini, per ovvie ragioni già segnalate, ma vi assicuro che una foto della mia nipotina di quattro anni, futura top model,  realizzata con la Telerolleiflex e l’impiego di un lampo pilota diretto in alto e altro lampo laterale, più vicino al soggetto, fa bella mostra nel mio studio e mi rallegra le ore dedicate al lavoro.

La prossima volta ripeterò il tentativo con la Digilux II, senza essere costretto a collegare un lampo pilota mediante staffa e cavetto e vi farò sapere il risultato.

La slitta con punto caldo e collegamenti per la gestione di flash TTL consente l’impiego di un lampeggiatore esterno che abbia adeguate caratteristiche.

Il depliant in lingua italiana suggerisce l’impiego del flash dedicato SF 24 D. Devo ancora capire quali possono essere i limiti del mio SF 20, acquistato per l’uso sulla M6 TTL flash. Il manuale per ora in lingua inglese presenta qualche difficoltà d’interpretazione. In ogni caso l’esperienza mi suggerisce che quando si usa uno o più flash è meglio regolare ad occhio: proprio SF 20 mi ha dato ottimi risultati in manuale o al più automatico  mentre in TTL ho notato una certa tendenza alla sottoesposizione.

Il collegamento a punto caldo consente, con l’uso di un cavo adattatore, di comandare qualsiasi flash. Però farebbe piacere vedere un attacco di tipo tradizionale, tanto per avere una macchina cui non manca nulla di ciò che si ha con la M6.

Tanto per completare l’elenco di quel che vorrei trovare nella Digilux II, sarebbe gradito un attacco a vite per inserire un pulsante di scatto a base larga o un comando flessibile. Ma forse la possibilità di inserire l’autoscatto con un ritardo di 2 secondi è stata pensata proprio in funzione di evitare il micromosso dato dalla mano dell'operatore.

Infine vorrei che fosse disponibile una borsa pronto, tipo quella della Leica, che protegge il display quando non se ne fa uso (e vi assicuro che il mirino elettronico ne riduce al minimo l’impiego, eventualmente con apposita schiera mobile o pieghevole, per accedervi quando se ne ha bisogno.

In effetti tutti i comandi dei quali si fa normalmente uso si trovano l di sopra della cornice superiore del display e quindi la macchina può tranquillamente essere usata pur se adeguatamente protetta.

Come optional viene offerta una borsa di pelle che sicuramente acquisterò, destinata peraltro a proteggere la macchina solo quando non la si usa.

Ma forse qualcuno noto per mettere in vendita su Internet delle mezze borse per Leica M  (ne farò il nome solo se autorizzato espressamente) riuscirà a farne realizzare una anche per la Digilux.

Altro accessorio indispensabile sarà la batteria di scorta che spero di avere senza attendere troppo: è vero che la batteria in dotazione sembra avere un’autonomia veramente notevole, ma non vorrei essere costretto a lasciare la macchina nel cassetto per l’invecchiamento della fonte di energia.

Di serie viene fornita una scheda SD da 64 Mb che consente di realizzare da 40 a 50 fotografie alla dimensione appena inferiore alla massima.

I risultati, almeno sul video, sono eccezionali; attendo di mettere insieme una decina di foto che mi sembrano meritevoli per commissionare al laboratorio una mezza dozzina di stampe 30x40 su carta fotografica.

Se i risultati non dovessero persuadermi passerò alla massima pesantezza d’immagine, magari acquistando una scheda da 256 Mb per  avere maggiore autonomia.

Intanto date un’occhiata. 

Altair

Piazza di Marina di Carrara

Nero come la sua ombra

Viale d'inverno

Ali sulla laguna

La palude

OoOoOoO

 

 

E se avete ancora voglia di leggermi, potete accedere ad un aggiornamento, sulla base dei primi 600 scatti.